Tu chiamale, se vuoi, intuizioni.

Il sole tramonta, e con lui la vacanza.
Sono stati qua più o meno tre settimane. Due mesi. Tutta l’estate.
Non lo sa, Valentina, perché vanno là da sempre, ed è l’unico tipo di estate che ricordi.
Ha trascorso le giornate seduta sulla sabbia a stracciare tutti giocando a carte.
Ha imparato da poco questo gioco, le è piaciuto, è diventata imbattibile.
L’ultimo giorno al mare funziona sempre nello stesso modo: ripongono tutto nelle valigie (lei raccoglie i giochi – e i libri), asciugamani, vestiti, costumi, a volte cibarie, caricano la macchina e consegnano le chiavi dell’appartamento all’agenzia.
Ma non partono: il posto in spiaggia è fino a sera, e quindi ci stanno fino a sera.

Il padre non ha problemi a guidare col buio, forse prima prenderanno una pizza, e le patate fritte (Valentina adora la consistenza delle patate fritte, oltre ai granelli di sale che le intorpidiscono la lingua).
Quindi eccoli a fine giornata, raccolgono secchielli, palette, riviste enigmistiche cui si sta appassionando, asciugamani, e lasciano il posto in spiaggia. Davvero la fine, all’88%.
Mentre, ognuno carico secondo le proprie possibilità, si incamminano verso il parcheggio, Valentina molla tutto e torna indietro correndo. Un imperativo, istintivo, si dice che vuole dare un ultimo saluto al posto spiaggia – ma è la razionalità, questa. Sta trovando una giustificazione al suo gesto, di cui dovrà rispondere quando le facce adirate dei suoi la sottoporranno a giudizio. Sa già tutto, conosce la trafila, troppe cose impulsive e inspiegabili, questa la farà passare per naive. Anche a se stessa.

Sa che non sta tornando indietro per quel motivo, che ritiene più ridicolo, che animista.
Ma sa anche di non avere idea del perché di questa urgenza. Arriva, guarda verso la sdraio.
Il portafoglio di suo padre, lì, appoggiato. Lo prende, torna indietro, glielo porta.
La faccia cambia, diventa quasi angosciata, più che sollevata, quasi come se il terrore di quel che sarebbe potuto accadere superasse il sollievo che tutto sia andato bene, invece.
In quel portafoglio c’è tutto, e ci sono tutti i soldi che serviranno per tornare a casa e per i giorni seguenti, fino alla prossima gita in banca per ritirarne altri.
Funziona così il bancomat ancora non c’è.
L’unica domanda, sul volto di tutti, “Ma come…”
Non la finiscono, sta lì a fluttuare, e con lei una grande incognita.
Non sa perché è andata lì, lo sapeva? Come faceva a saperlo?
Quali micro dettagli che non si è accorta di aver notato hanno permesso di unire inconsciamente i puntini e andare a “salvarli tutti”, come dicono?
Loro non lo chiedono, lei non risponde. Usa l’ingenua giustificazione che si era preparata e accetta il premio che le propongono: una t-shirt, a sua scelta. Punta su Alvin.
Mette a tacere la sensazione di certezza che è sbucata appena ha visto il portafoglio lì, in realtà lo sapeva benissimo, ma siccome non sa dare una spiegazione (e la trattano già abbastanza da strana) soffoca tutto con una pizza quattro formaggi.

Curiosa, 5 anni.

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